Se stai cercando una meta diversa da qualsiasi cosa tu abbia mai sperimentato nella tua vita, questo viaggio è per te!

 

Il mio viaggio in Namibia è iniziato con un atterraggio a Windhoek, la capitale. Sbrigate le prime pratiche e salita a bordo del fuoristrada sono così partita alla scoperta di questa terra così unica da rendersi incomparabile.

Devo ammettere di aver guardato distrattamente la capitale, nonostante le sollecitazioni dell’autista a soffermarmi sulla caratteristica architettura germanica della città. L’incontrollabile voglia di addentrarmi in quei territori era di ostacolo ad ogni altra possibile azione.

L’unica cosa che volevo era vedere con i miei occhi quella straordinaria gamma di paesaggi sfogliati, fino ad allora, sulle riviste patinate di fotografia.

Cosa rende così unica la Namibia? In primis credo sia la caratteristica geografica della striscia di deserto costiero umido, che le permette di ospitare straordinarie varietà di paesaggi e animali che si sono adattati a vivere nel suo deserto e che è possibile incontrare soltanto qui.

5000 i kilometri percorsi, forse più, se consideriamo tutte le volte che ci siamo persi, in questo viaggio dall’approccio antropologico e proprio per questo eccezionale e indimenticabile.

Che cosa vedere in Namibia?

Roger Brown photographer

Tutto! La Namibia è un paese dall’irresistibile bellezza. Ampi orizzonti, panorami incontaminati, paesaggi ricchi di contrasti di luci e ombre ti fanno sperimentare un senso di libertà unico. La ricca miscela di culture e tradizioni non può che conquistarti l’anima e rapirti il cuore.

Ogni luogo in Namibia è imperdibile. Noi abbiamo iniziato da sud, attraverso la regione del parco di Naukluft dove puoi scoprire gli esemplari della flora locale come i Kokerboon o la preistorica Welvitschia mirabilia.

E da qui, oltre ogni capacità immaginativa e superando tutte le mie aspettative, sono iniziate un susseguirsi incessante di visioni, emozioni e suggestioni così potenti da togliermi letteralmente il respiro.

È in questi momenti che scopri la sensazione del mal d’Africa, non dopo che sei tornata a casa, mentre stabilisci il tuo legame con questa terra, che più di ogni altra, riesce a connetterti con la fonte della Vita.

La riserva di Naukluft Park

 

comprende quasi 50 mila km² e contiene principalmente ecosistemi aridi e semi aridi. Il parco comprende quattro frazioni: Sesriem con SossusvleiNaukluft, Namib e Sandwich Harbour.

Il deserto del Namib

è talmente bello da sembrare una visione. È il più antico della terra, le sue sabbie sono li da 5 milioni di anni e le dune rosse e grigie, chiamate “a stella” per la forma che assumono modellate dai venti, sono le più alte del mondo.

La duna più bella è la Big Daddy e supera i 300 metri. Se sali, con non poca fatica, fino alla cima della duna potrai avere un’ottima visuale sulla Deadvlei, con i suoi famosi alberi di acacia bruciati. Tutti ridiscendono correndo per sperimentare il soffice tocco della sabbia. Attenti all’attrezzatura fotografica e ad ogni dispositivo.

La Skeleton Coast

ti apparirà come la scenografia di un film horror. I boscimani della Namibia la chiamano “la terra che Dio ha creato con rabbia” e gli esploratori portoghesi la battezzarono “porta dell’Inferno“.

In effetti, questa leggendaria costa è famigerata per i suoi infidi banchi di sabbia che intrappolano le imbarcazioni. Sono i numerosi naufragi che le hanno fatto attribuire il nome di costa scheletrica. Lungo la costa è disseminata una varietà di scheletri di animali e navi, motivo per cui è considerata la dimora delle anime perdute.

In questa parte della Namibia potrai ascoltare il suono delle dune ruggenti, una combinazione unica di vento, aria e sabbia che provoca un rombo paragonato a quello di un aereo che vola a bassa quota, anche se a me è sembrato più un canto e mi piace pensarla così.

Se ami gli animali, Cape Cross con la sua colonia di 50.000 tra foche ed otarie ti conquisterà il cuore, mentre a Damaraland, potrai conoscere la dimora degli elefanti del deserto, la sola specie al mondo che si trova a suo agio nel torrido caldo desertico. Qui abbiamo avvistato un gruppo di elefanti che, a dire dell’autista, incedevano per raggiungere il cimitero di elefanti, il luogo mitico dove, secondo la leggenda, i pachidermi più anziani o malati si recano in attesa della loro morte.

Qui vicino, in un terreno di insolite formazioni rocciose potrai ammirare i dipinti dei boscimani, risalenti a diverse migliaia di anni .

La Riserva Faunistica

Taryn Elliott photo

Quando arrivi al Parco nazionale dell’Etosha, che in lingua  oshiwambo significa il grande luogo bianco capisci la sacralità della vita.

Viene spontaneo addentrarsi lentamente in  questa terra considerata una delle più importanti riserve faunistiche al mondo. Migliaia di animali selvatici come zebre, giraffe, ghepardi, leoni, elefanti e molte altre specie possono essere osservate in giro per le pozze d’acqua, oltre le 326 specie di uccelli che vivono in quest’area.

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Le Pozze d’acqua

Nell’Etosha è possibile visitare le varie pozze di acqua dove si concentrano gli animali per potersi dissetare. I campi tendati con allestiti i riflettori che illuminano le pozze ti consentono di sedere in religioso silenzio e assistere durante tutta la notte ai suggestivi avvistamenti.

Nessuno parla, si trattiene il respiro nel timore di disturbare gli animali che avanzano lentamente, esausti. Hanno sete eppure prede e predatori condividono la poca acqua a disposizione.

Qui la lotta per la sopravvivenza si ripete ogni giorno, giorno dopo giorno mese dopo mese ma è ancora qui che trovi la connessione più essenziale della vita con l’universo.

Casey Allen photo

Un rinoceronte arriva al galoppo. Giraffe, zebre e antilopi prima che lui si avvicini alla riva della pozza escono dall’acqua e smettono di giocare per lasciare spazio al poderoso ungulato perissodattilo.

Guardo con emozione il rinoceronte nell’atto di dissetarsi: beve, alza la testa, si gira e guarda verso destra per lunghi interminabili minuti; si china di nuovo a bere, rialza la testa e si gira a guardare verso sinistra per altri interminabili minuti. Va avanti così, ripetendo e ripetendo la stessa coreografia.

Zebre, giraffe e antilopi rientrano in acqua e ricominciano a giocare. Avvisto in lontananza l’arrivo di un branco di elefanti ed elefantesse con i loro cuccioli tra le enormi zampe. È in questo preciso momento che mi torna in mente la frase che l’autista ripete in continuazione e ora non posso che essere d’accordo con lui: “Mother nature gave it to us… you have got to go find it”!