A cura di Roberta Fenci

Ritrovamento di 3 Stele in Valtellina

La Stele di Caven n. 3 deve il suo nome al luogo in cui fu ritrovata dell’archeologa Maria Reggiani Rajna nel febbraio del 1940 con altre due pietre istoriate (Caven n. 1 e Caven n. 2), nei pressi di Teglio (So) in Valtellina (oggi è conservata nell’Antiquarium tellinum di Teglio, al piano terra di Palazzo Besta). Le tre stele integre vengono rinvenute alla profondità di circa 1,20 m in occasione dello scasso per l’impianto di una nuova vigna da parte dei mezzadri fratelli Antonioli in un terreno di proprietà della famiglia Morelli Rajna.

È uno dei rari casi in cui è possibile fare riferimento ad un ritrovamento in giacitura primaria in Valtellina, a differenza di altri frammenti di stele spesso scoperti decontestualizzati e reimpiegati all’interno di muretti di vigne o abitazioni.
La pietra stele dalla forma ovale con margini artificialmente sbozzati e arrotondati, risale al III millennio a.C. ed è alta circa 85 cm.
La sua lavorazione è stata eseguita in un’unica fase a martellina e comprende: una forma ovale con fasci concentrici e due dischi circolare minori ai lati, da cui si dipartono un elemento trapezoidale allungato, campito da linee parallele orizzontali e, ai lati, due fasci divergenti composti di 4 linee parallele verticali.
Al di sotto è inciso un elemento semiellittico cosiddetto “motivo a collare” formato da undici linee parallele terminanti con decorazioni a “coda di rondine”.
A destra sono presenti due pendagli a doppie spirali.
Le tre forme circolari formano un motivo detto “a cappello di gendarme” e con il “motivo a collare” e i pendagli a spirale sono segni già conosciuti sui monumenti della vicina Valcamonica che caratterizzano le composizioni di tipo femminile. Gli archeologi infatti inseriscono le 3 stele di Caven nell’ampio contesto rappresentativo delle incisioni rupestri della Valcamonica, inquadrandole tipologicamente nello stile III A1 dell’arte rupestre camuna.

Stele “Dea Madre” Caven: schema grafico

Valtellina e Valcamonica, un’unica area culturale nell’età del rame

I ritrovamenti archeologici relativi all’età del rame sono numerosi tra Valtellina e Valcamonica e definiscono, seppur con alcune peculiari differenze, un’unica area culturale che è rappresentata in particolar modo proprio dalle numerose stele rinvenute in entrambi i contesti.
In Valcamonica i ritrovamenti di stele, si sono concentrati soprattutto a Ossimo (Asinino-Anvòia, Passagròp e Pat) e Cemmo (Pian delle Greppe), ma questo tipo di composizioni monumentali appaiono diffuse in tutto l’arco alpino.
In realtà il fenomeno è noto in una vasta area d’Europa comprendente anche l’Italia e abbraccia un periodo che va dalla fine del IV e gli inizi del III millennio a.C. (giungendo in certi casi fino all’età del Ferro) con più di 700 statue stele datate in questo lungo arco di tempo.
Nel gruppo alpino sono distinte due aree principali: una orientale (Sion, Aosta, Lunigiana, Provenza) e una occidentale (Valcamonica, Valtellina, Trentino-Alto Adige).
Nella prima area, se si esclude il gruppo lunigianese, sono state rinvenute statue stele di tipo lastriforme, in cui l’aspetto antropomorfo è sempre chiaramente evidenziato.
Mentre nell’area centro-alpina che include Valtellina e Valcamonica l’iconografia è più ricca, ma l’aspetto antropomorfo non è mai indicato anatomicamente (non sono mai delineate braccia o tratti del volto o altri elementi anatomici) ed è eventualmente suggerito o evocato dalla disposizione di un insieme di simboli.

La caratteristica che accomuna le stele camuno-telline è la presenza del motivo cosiddetto “sole a tre raggi”, rappresentato solo o associato a una coppia di pendagli a doppia spirale e al fascio di linee parallele a U, “motivo a collare”.
I monumenti della Valtellina che recano una simbologia femminile costituiscono un gruppo omogeneo e registrano peculiari differenze rispetto a quelli della Valcamonica. Una particolarità rispetto alle stele camune è che non sono presenti in Valtellina casi di raffigurazione di simbologie sia femminili sia maschili su uno stesso supporto, cosa assai frequente invece in Valcamonica.
Nei monoliti istoriati valtellinesi, viene identificato un singolo “personaggio”, come sembra rivelare la morfologia stessa dei monumenti che  le connota come stele antropomorfe.
Questo aspetto rende i monoliti della Valtellina formalmente più simili a quelle degli altri gruppi dell’arco alpino, nell’ambito dei quali i maggiori legami si possono ravvisare con l’ambiente del Trentino Alto Adige.

La stele di Caven n. 3 e le sue interpretazioni

Per quanto riguarda la stele di Caven n. 3 le interpretazioni sono numerose e frutto di molteplici studi multidisciplinari.
La scopritrice Maria Reggiani Rajna ne interpretava nelle linee e nei cerchi le raffigurazioni antropomorfe della “Dea Madre” delle origini.
La sua lettura era legata al culto della “Dea Madre” e i successivi monumenti da lei scoperti (come la stele di Cornàl nel 1968), confermavano a suo dire questa ipotesi, in opposizione alle tesi che nella stele vedevano raffigurato un dio solare indoeuropeo.
Maria Reggiani Rajna è rimasta sempre ferma alla sua interpretazione legata non al culto “solare”, ma a quello della “Dea Madre” e seguendo un percorso ideale in cui riuniva vecchi e nuovi reperti archeologici, teorizzò proprio nella località di Caven, l’esistenza di un santuario dedicato alla Dea.
La sua ipotesi di lavoro legata al culto della “Dea Madre”, è ampliamente discussa fra i vari archeologi e studiosi che si sono dedicati alle incisioni rupestri camuno-telline.
Il noto archeologo Prof. Emmanuel Anati che eseguì i primi studi sui massi incisi della Valcamonica e della Valtellina, suppose che le statue-stele fossero collegate alla diffusione della cultura Kurgan con un chiaro riferimento alle teorie di Marija Gimbutas.

Le migliori testimonianze della nuova religione, tipizzata da divinità maschili, armi e simboli solari, sono le stele in pietra incisa della seconda metà del Quarto millennio a.C. nelle valli alpine, in Bulgaria e in Romania, con forti analogie a nord del mar Nero e nel Caucaso.” (M. Gimbutas , 2012)

Ma i più recenti ritrovamenti hanno permesso al Prof. Raffaele De Marinis (Università  degli  Studi  di  Milano) di affermare che la presunta indoeuropeizzazione della Valcamonica e della Valtellina in epoca così antica appare improbabile alla luce della recente documentazione archeologica. De Marinis infatti ricollega le statue-stele e i massi incisi, al più vasto fenomeno del megalitismo neolitico che ha origine nell’Europa occidentale atlantica, una delle ultime aree ad essere indoeuropeizzata.
Secondo questa ipotesi interpretativa, i monumenti camuno-valtellinesi sono piuttosto da ritenersi l’espressione sincretistica di nuovi elementi e di persistenze di culti connessi ai cicli biologici e alla fertilità della terra.
Quindi, secondo De Marinis, se da un lato le immagini del sole e delle armi presenti nell’iconografia di molte rocce istoriate si affermano probabilmente sotto influssi indoeuropei preannunciando il cambiamento radicale nella simbologia religiosa con la predominanza del ruolo maschile e dei suoi attributi virili, dall’altro lato l’entità femminile va probabilmente ricollegata, alla “Dea Madre” delle culture neolitiche dell’Europa orientale.

Le incisioni su stele rivelano molte cose della nuova ideologia. Infatti, esse costituiscono le fonti più ricche per lo studio del simbolismo indoeuropeo arcaico e delle immagini di divinità maschile.” (M. Gimbutas, 2012)

Infatti, le popolazioni stanziate in Valcamonica e Valtellina durante l’età del Ferro sulla base dei dati linguistici, sembra fossero senza dubbio preindoeuropee, almeno fino al IV sec. a.C. A queste considerazioni si possono aggiungere le informazioni che giungono da altri nuovi siti in Valcamonica dove gli scavi hanno restituito monoliti in contesto originario; probabilmente aree cerimoniali funerarie di cui il più importante, per la completezza dei dati di scavo, è quello di Anvòia ad Ossimo.
Anche in Valtellina vi sono testimonianze di almeno 11 centri cerimoniali, di cui 9 si concentrano proprio nel territorio di Teglio.

L’unicità della stele “Dea Madre” Caven

L’unicità della stele “Dea Madre” Caven è nell’originalità rigorosa della composizione, nella perfezione geometrica dei segni che danno i contorni a una figura antropomorfa dai tratti nitidi ed essenziali.
Tutta la composizione sembrerebbe inscritta in una ideale forma ovale/ellittica, così come è un’ovale a fasci concentrici quella al centro del cosiddetto motivo “cappello a gendarme” ed è difficile pensare ad una deformazione casuale vista la precisione dei due cerchi laterali.
La valenza dell’uovo nell’iconografia del neolitico ci è nota grazie a Marija Gimbutas che lo ritiene essere un simbolismo attinente non tanto alla nascita quanto alla continua ri-creazione del mondo e simboleggia l’utero della Dea da cui la vita ri-emerge

“cerchi, ovali, ellissi, risalgono a tempi ancor più remoti, ovvero al paleolitico superiore” (M. Gimbutas, 2008)

Předmostí, Paleolitico Superiore: incisioni simboliche su zanne di mammut

I due cerchi laterali e la Forma ad U a fasci paralleli potrebbero essere estreme schematizzazioni di quelli che sono attributi della Dea e che Gimbutas collega al simbolismo rigenerativo:

In Francia, Spagna Portogallo ed Inghilterra su statue-menhir e lastre in pietra di tombe a galleria sono seni e collane, unici attributi della Dea ritratta […] ne simboleggiano il potenziale rigenerativo” (M. Gimbutas , 2008)

I fasci paralleli di quelle che sembrano essere le braccia della figura antropomorfa e quelli del motivo ad U hanno stimolato diverse e spesso fantasiose ipotesi interpretative.
Secondo alcuni ricercatori i nostri antenati che erano suggestionati dagli eventi celesti, li credevano essere una qualche manifestazione delle divinità. Il Sole, l’astro principale, veniva rappresentato nei cosiddetti “simboli solari”, accompagnandolo ad altri corpi celesti, quali la luna e le comete. Ed è proprio ad una cometa la forma a cui è stata comparata la stele di Caven dall’archeoastronomo Adriano Gaspani, denominandola come “teomorfo a dischi concentrici con tre appendici a forma di coda”
Un’altra corrente di pensiero vede nella stele Caven nr. 3, l’incisione di una mappa geografica del territorio tellino a nord dell’Adda: cerchi come terrazzamenti, linee come fiumi.
Su questi spunti e sulle considerazioni fin qui fatte, legate alla Dea neolitica della rigenerazione, considerando la topologia del territorio di Teglio che si estende su ampi, lavorati e soleggiati terrazzamenti che si alzano a gradoni dalla valle, lungo il percorso del fiume Adda, l’associazione ai motivi a cometa delle correnti d’acqua del paleolitico superiore, “simboli del fluire (vitale e rigenerante) dell’acqua”, viene quasi spontanea.
Anche il “corpo” trapezoidale della figura con linee orizzontali parallele ricorda le striature a reti “colme di umidità divina” di alcune figure del paleolitico superiore rinvenute nella Germania occidentale.

Roc de Marcamps; Paleolitico Superiore, motivo “a cometa”

Le cosiddette “code di rondine” inoltre che circondano il motivo ad U della stele, sono chevron/vulva di cui l’iconografia della Grande Dea neolitica abbonda.
La Stele “Dea Madre” di Caven con le sue specificità, sembrerebbe riproporre in una forma sofisticata e schematizzata, un insieme di segni simbolici riconducibili alla Dea paleolitica/neolitica nel suo specifico aspetto di Ri-generatrice.
La collocazione della stele probabilmente in un’area cerimoniale funeraria che si affaccia lungo un corso d’acqua e anche un’analisi linguistica sull’origine del nome della località Caven, offre in questo senso un’altra serie di suggestioni; il nome Caven infatti rimanderebbe al significato di “luogo della civetta”.
l’ipotesi sull’etimo del nome è che potrebbe derivare da una radice celtica ripresa dal latino popolare nella voce “cavannus”, che significa appunto “civetta”. Accanto a questo etimo se ne possono accostare altri: Caven potrebbe derivare dal latino “cavus” e significare “luogo per far defluire le acque”, o dalla voce dialettale “cave”, “valle stretta ed oscura”.
Uova, corsi d’acqua, hanno una frequente ­associazione alle civette (e agli avvoltoi) nel culto della Dea dell’arte neolitica; la Dea nel suo triplice aspetto di “datrice di vita, datrice di morte e di ri-generazione”.

Caven è un luogo appartato, con ogni probabilità era destinato alla sepoltura. Nella metà degli anni 70 furono scoperte nella stessa zona, su un’enorme roccia 60 incisioni scutiformi databili probabilmente al tardo Neolitico con raffigurazioni legate proprio al culto dei morti.
Certamente è stato un luogo impregnato di una sacralità che mostra ancora oggi i segni evidenti e protratti a lungo nel tempo del passaggio della Civiltà della dea.

Note storiche

La tradizione di arte rupestre della Valcamonica costituisce un patrimonio archeologico, artistico, etnografico e storico di inestimabile valore (dal 1979 inserito nella World Heritage List dell’UNESCO), non soltanto per la sua antica e ampia escursione cronologica, ma anche per la sua ricchezza tematica e iconografica.
Con l’arrivo in Valcamonica nel 1956 di Emmanuel Anati si iniziò uno studio sistematico delle superfici rocciose istoriate, a delineare una classificazione stilistica delle figure e a utilizzare le sovrapposizioni per stabilire una cronologia relativa. Anati fondò il Centro Camuno di Studi Preistorici nel 1964.
Altri studiosi, fra cui Raffaelle de Marinis e Angelo Fossati, in tempi più recenti hanno contribuito all’arricchimento della base documentaria con la scoperta di nuove rocce, al ripensamento delle metodologie di ricerca, del sistema cronologico e del significato dell’arte rupestre.


Riferimenti Bibliografici

  • ANATI E. – Cronologia dell’arte rupestre della Valcamonica https://www.ccsp.it/web/VALCAMONICA/cronologia%20IT.html
  • CASINI S. – I monoliti istoriati con simbologia femminile della Valcamonica e della Valtellina, Preistoria Alpina, 46 II, 2012 – pp. 287-290
  • CASINI S. / FOSSATI A. – Le stele incise della Valtellina: analisi delle peculiarità alla luce dei nuovi ritrovamenti, Preistoria Alpina, 46 II, 2012 – pp. 201-209
  • CASINI S. / DE MARINIS R. C. / FOSSATI A. – Statue-stele e massi incisi nell’Europa dell’Età del Rame. Stele e massi incisi della Valcamonica e della Valtellina, Notizie Archeologiche Bergomensi, nr. 3, 1995
  • CASINI S. / FOSSATI A. / SIMONELLI M.G. – Le pietre degli dei. Statue-stele dell’età del Rame in Europa. Lo stato della ricerca. –  Congresso internazionale, Brescia,16-18 settembre 2004. In Notizie Archeologiche Bergomensi, nr. 12 – pp. 195-204
  • DE MARINIS1 R. C. / FOSSATI A. – A che punto è lo studio dell’arte rupestre della Valcamonica, Preistoria Alpina, 46 II, 2012 -pp.17-43
  • GIMBUTAS M. – Il linguaggio della Dea. Venexia, Roma 2008 ;
    La civiltà della dea Voll. 2. Stampa Alternativa, Roma 2012;
    Kurgan. Le origini della cultura europea. Medusa Edizioni, Milano 2010
  • MAZZONI S. – Intervento sul rinvenimento delle stele di Caven. Notiziario dell’Istituto Archeologico Valtellinese, Nr. 1, 2003